Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
In questi giorni la stampa riporta a grandi caratteri e con enfasi la protesta della sinistra radicale e massimalista (che in questo momento governa l’Italia) contro l’ampliamento della base NATO a Vicenza. Si tratta di un’evidente protesta contro l’America e quanto essa rappresenta nella visione di certe fazioni politiche. Io queste proteste non le capisco, non riesco a capirle e non posso condividerle. In un primo momento mi era venuto in mente di continuare questa esposizione di pensieri scritti, parlando del piano Marshall che senza dubbio è stato fondamentale nello sviluppo economico dell’Italia e poi, della civiltà e dei valori occidentali che si contrappongono all’orda cinese e islamica.
Discorsi sentiti e ripetuti centinaia di volte da giornalisti, politici e intellettuali. Non è il caso di insistere su concetti e posizioni ben note.
Rimanendo invece coerente con il proposito di parlare delle questioni di Buja, mi è venuto in mente che anche i giornali locali hanno ricordato la scomparsa dell’ex Presidente degli Stati Uniti, Gerald Ford, avvenuta poco tempo fa, il 26 dicembre 2006. Il tempo cancella molte cose e forse per questo motivo i giornali si sono dimenticati di evidenziare le importanti connessioni con parte del territorio friulano, Buja compresa. Mi è venuto in mente lo strano, ma straordinario incontro che ebbi alcuni anni addietro con la signora Happy. Mi è venuto in mente che nel 2006 abbiamo celebrato il 30°anniversario dei tragici eventi del terremoto. Mi è venuta in mente la visita che pochi giorni fa, ho compiuto in occasione dell’iniziativa “scuole aperte” alla elementare di Collosomano.
Sull’ingresso di questa scuola vi è una targa in bronzo che ricorda i sentimenti di amicizia del popolo degli Stati Uniti d’America verso la nostra comunità. Questa scuola dopo il terremoto è stata ricostruita con il finanziamento degli americani, sotto la supervisione dell’Associazione Nazionale Alpini. In quasi tutti i centri colpiti dal terremoto, gli americani hanno finanziato la ricostruzione di scuole. Questi istituti scolastici svolgono egregiamente la loro funzione oltre che a Buja, a Osoppo, Gemona, Venzone, Artegna, ecc.. Alcuni anni addietro, in un giorno qualsiasi di cui non ricordo la data, ebbi modo di incontrare lady Happy. Il suo arrivo fu annunciato cosi, “alla chetichella” poche ore prima da un direttore di un albergo austriaco ubicato mi pare verso Velden, dove l’anziana ma arzilla signora soggiornava per una vacanza. Il direttore che parlava l’italiano come poteva, ci comunicò che lady Happy Rockefeller aveva un grande interesse ad una visita nei territori colpiti dal terremoto del 1976. In un primo momento pensammo ad uno scherzo, anche per il modo inconsueto e informale con cui venne annunciata la visita e non capimmo subito la natura dell’interesse all’incontro. Ad oltre 25 anni dal terremoto, lady Happy sentì l’esigenza di riannodare i fili del passato. Ricordo che qualche ora dopo la telefonata, a bordo di una grande Mercedes nera guidata dall’autista dell’albergo, giunse nel luogo convenuto, lady Happy, accompagnata dal Segretario Generale della Fondazione Rockefeller. In modo molto semplice e diretto la signora Happy Rockefeller disse che suo marito Nelson Rockefeller, pochi giorni dopo il terremoto, quale Vice Presidente degli Stati Uniti d’America (Presidente era Gerald Ford) venne nei nostri paesi colpiti dal sisma, tra le macerie e il dolore (Clicca qui per sapere di più). Il Vice Presidente mise subito a disposizione una notevole somma di denaro, per i primi aiuti nell’emergenza del terremoto. Con la visita del Vice Presidente degli Stati Uniti d’America prese avvio anche l’intervento statunitense legato alla ricostruzione. Da lì a qualche mese, in quell’anno, il Presidente Ford perse le elezioni e venne eletto Jimmy Carter. Tuttavia l’impegno americano che iniziò con l’impulso del Vice Presidente Rockefeller e dell’amministrazione Ford, continuò e consenti la costruzione, tra l’altro, di scuole che sono in pieno servizio nei nostri paesi. Accompagnai personalmente lady Happy presso una di queste scuole. Non parlando l’italiano, lesse con piacere e con una certa commozione la targa scritta anche in inglese che si trova sull’ingresso di tutte le scuole finanziate dagli americani in Friuli. Non so se nel 1976 la signora Happy accompagnò suo marito nel Friuli terremotato. Non gli fu chiesto. Non so se fosse legata da un particolare ricordo o dai racconti di suo marito. Certo è che quella visita non programmata, forse un po’ improvvisata anche per lady Happy, fu un gesto sincero di amicizia e fratellanza. Un gesto semplice, senza i riflettori di televisioni o giornali, un gesto che per lei aveva un particolare significato. In quel momento, per me, lady Happy rappresentava il popolo americano, nei suoi sentimenti migliori di fratellanza e amicizia con la nostra gente.
Dopo poche ore la signora Rockefeller, con la semplicità e l’informalità con cui venne, se ne andò.
Di quell’incontro conservo una piacevole memoria e mi piace pensare, che anche lady Happy conservi un bel ricordo di quel giorno qualsiasi e del nostro Friuli ricostruito.
Al di la dell’episodio di cui sopra, penso sia doveroso rammentare l’intervento statunitense nella ricostruzione del Friuli, che prese avvio con il Presidente Gerald Ford recentemente scomparso. Nessun giornale locale o nazionale, commemorando la morte del Presidente Ford e il suo impegno politico, ha ricordato la sua figura legata anche all’emergenza del terremoto che colpi il Friuli. Se è vero, come soleva dire mons. Saverio Beinat, che “nò i sin ce che i lassin”, mi è sembrato giusto, a poco tempo dalla scomparsa del Presidente Gerald Ford, ricordare alcuni avvenimenti che lo legano, in un certo modo, alla storia recente della nostra comunità.
Un’occasione anche per riflettere sull’inopportunità che la stampa e i mezzi di comunicazione diano troppo risalto ai sentimenti di antiamericanismo. E’ giusto evidenziare, per non dimenticare, anche i gesti di solidarietà ed amicizia che tradizionalmente il popolo statunitense ha avuto nei confronti della nostra Nazione e della nostra Regione.
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